Subodh Gupta è sicuramente tra i nuovi artisti indiani che hanno ricevuto più fama e riconoscimenti all’interno del “sistema” dell’arte contemporanea occidentale negli ultimi anni.
L’artista nasce nel 1964 a Khagaul, nel nord del continente indiano, studia Arti figurative nella vicina città di Patna, nel 1988 si sposta a Nuova Delhi, dove attualmente vive e lavora.
Ha la sua prima formazione artistica come decoratore/scenografo e attore in un gruppo teatrale per cinque anni per seguire poi un insegnamento abbastanza libero in una scuola d’arte nel nord est dell’India.
Il suo passato artistico spiega certamente il fatto che oggi partecipa a delle collaborazioni con altre discipline artistiche e professionali del mondo dell’arte.
Il famoso periodico del Regno Unito, il Guardian, l’ha definito “il Marcel Duchamp del sub-continente indiano”; un paragone tra il maestro francese e questo giovane artista indiano è inevitabile, Gupta come Duchamp utilizza il Ready-made reinterpretandolo in una maniera nuova e personale.
Gli oggetti utilizzati dall’artista indiano sono principalmente utensili da cucina in acciaio, quasi sempre accorpati per creare installazioni gigantesche. Il ready-made diventa così solo un’unità di un qualcosa di più grande e complesso. Questi oggetti, come ad esempio termos per portare il cibo a lavoro, biciclette, pentole fanno parte della memoria che l’artista ha conservato del mondo indiano della sua infanzia, caratterizzato oggi da una continua evoluzione e cambiamento, così questi oggetti vengono reinterpretati diventando un dinamico fungo atomico o un enorme teschio, superando così il puro ready-made per arrivare ad un senso e a un significato superiore.
Queste icone/utensili fanno parte del mondo indiano come del nostro, rendendo così l’arte di Gupta ed il suo messaggio assimilabile dal pubblico globale. Le pentole ed i tegami sono però sempre rigorosamente vuoti e splendenti, quasi a sottolineare la contrapposizione tra realtà e finzione nel mondo attuale.
Il linguaggio artistico di quest’artista tuttavia non si esaurisce solo nelle installazioni, ma è aperto anche alla scultura, pittura, fotografia, video e performance.
Il suo linguaggio artistico è influenzato da Marcel Duchamp come da altri artisti contemporanei, come ad esempio Jeff Koons, che utilizza spesso un linguaggio artistico simile, per dimensioni e soggetti, appartenenti alla cultura popolare contemporanea.
Gupta negli ultimi anni è stato presente sul territorio Italia esponendo al MAXXI di Roma in “Indian Highway V”, poi per una personale nella Galleria Continua, “There is always Cinema” a San Gimignano; nel 2005 ha partecipato alla cinquantunesima Biennale di Venezia.
Con Anish Kapoor questo artista si avvia a diventare uno dei più rappresentativi dell’arte contemporanea indiana nel mondo.