Esprimere un giudizio sulle opere pittoriche di Francesco Cecere è stato per me come scoperchiare il vaso di Pandora: ho cominciato a pormi domande inerenti la nozione di arte, quella di bellezza ed, infine, quella di emozione; concetti che si sono dipanati nella mia mente come i pezzi di una matrioska a ragion della quale l’arte è ciò che è bello, il bello è ciò che piace e piace tutto ciò che suscita un’emozione.
E’ ovvio però che il processo inverso comporta la necessità di sussumere quest’ultima nelle “regole dell’arte”, nel suo linguaggio..la difficoltà, quindi, di uscire dal soggettivismo esasperato per trovare un momento o un luogo comune per poter appunto comunicare. Ecco perché, non basta dire che Cecere appartenga a quella che accademicamente viene definita “arte informale” per comprendere appieno le strutture, i termini di confronto, il significato della sua produzione artistica.
Questo in quanto non solo le forme (come ci si potrebbe aspettare) ma anche i colori “si tengono insieme”: c’è un continuo movimento all’interno della tela, un forte dinamismo che è difficile non cogliere..si può dire, quindi, che siamo difronte ad un’opera caleidoscopica. Come non “tenersi stretti” quando si osserva Apparentemente sereno o Liberato orgasmo o ancora Le inquietudini…dove i colori non solo la fanno da padrone sostituendosi alle forme, ma assumono -nell’accostamento- significati diversi da quelli “tradizionali”: il rosso, il bianco e il nero insieme- ad esempio- illuminano, accecano, piuttosto che incupire o oscurare. In particolare, poi, il rosso è nel suo dialettizzarsi con gli altri colori come la morte per l’araba fenice, segno cioè di rinascita e di nuova forza attinta dalle proprie ceneri. Il tutto è enfatizzato poi dall’uso sapiente di materiali plastici e metallici che fuoriescono dal quadro…i materiali come i colori cioè servono ad incidere sulla realtà.
Una tela ,dunque,non solo caleidoscopica ma anche pantagruelica, giunonica: si veda -ad esempio- Luna negli occhi o Sono sangue , sogno che mi auguro non ti faccia dormire o, ancora, Picchi di parole..come non restare avvinti dai materiali e dai colori utilizzati? Non una io direi ma un ginepraio di emozioni quello suscitato dai lavori “ceceriani”.. anche se- a dire il vero-non tutte rassicuranti: si pensi per un momento a Il passato, un’opera inquieta ed inquietante che avrebbe dovuto piu’ propriamente intitolarsi Fuga dal passato, un passato – si può immaginare- foriero di molte avversità per l’Autore, ma sempre capace di trasformarsi, di non essere cioè fine a se stesso…: ancora una volta emerge l’importanza del colore rosso; il quale sguscia ,in tal modo, di quadro in quadro anche laddove apparentemente non esiste. Passato e futuro, cosi’ ,si fondono…il presente , invece, si confonde: il tutto fa dell’arte di questo pittore napoletano un’opera “mostruosa” ove il genio e la sregolatezza divengono le mine vaganti delle sue creazioni.
Fabio Montebello