“Tra Realtà e Fantasia”, la personale di Eugenio Magno in mostra a Sant’Arpino

Dal 2 al 25 aprile la Pinacoteca “Massimo Stanzione” del Palazzo Ducale Sanchez De Luna di Sant’Arpino ospiterà le opere dell’artista partenopeo.

Un nuovo appuntamento con l’arte animerà i locali della Pinacoteca “Massimo Stanzione” sita nel Palazzo Ducale Sanchez De Luna di Sant’Arpino (CE), che ospiterà dal 2 al 25 aprile 2022, la mostra personale di Eugenio Magno, dal titolo “Tra Realtà e Fantasia”, scelto dal curatore dell’iniziativa Gianpaolo Coronas. Le opere del Maestro, che hanno come soggetto principalmente paesaggi Partenopei, rappresentano un perfetto equilibrio tra queste due dimensioni, da cui l’autore estrapola fiabesche visioni dalle meravigliose vedute napoletane. Quando le atmosfere partenopee incontrano i pennelli, nascono sinfonie di colori nei cieli rannuvolati, nei riflessi marini, nelle sfumature della flora. Un lungo, caldo e lento respiro che si lascia vivere in tutta la sua produzione di stampo impressionista. L’artista nasce a Napoli nel 1944. Fortemente attratto dal paesaggismo dei grandi maestri partenopei dell’Ottocento e del primo Novecento, si cimenta precocemente nel campo pittorico producendo opere di un certo rilievo artistico che vengono giudicate positivamente dal pittore Francesco Galante. Proprio Galante, così come Giuseppe Buono, Giacinto Gigante, Eduardo Dalbono, Giuseppe Casciaro possono considerarsi come i veri e propri Maestri putativi di Eugenio Magno. Attualmente vive e lavora a Napoli dove continua a dipingere e ad esercitare la sua professione di perito esperto di opere pittoriche del Novecento napoletano e di consulente tecnico per il restauro antico e moderno. L’iniziativa è organizzata dal Dama Museum, congiuntamente con l’Archivio Eugenio Magno, e con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale di Sant’Arpino e dall’APS Pro Loco Sant’Arpino. Al vernissage, in programma sabato 2 aprile, alle ore 18,00, interverrà Ernesto Di Mattia, Sindaco di Sant’Arpino e la Dott.ssa Silvia Giovanardi, cui è affidata la critica della mostra. L’ingresso all’evento e alla mostra è gratuito, previa prenotazione e nel pieno rispetto delle vigenti normative e protocolli anti COVID-19. Sarà predisposto un catalogo della mostra.

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Rosso di Pompei da oggi diventa rosso De Vilde

rosso De Vilde, rosso pompeiano, rosso di Pompei

Si chiama RDV il nuovo colore dell’artista Evan De Vilde, il suo nuovo ROSSO DE VILDE. Un colore tutto nuovo eppure vecchio più di 2000 anni. Un colore, oseremmo dire, archeologico, come il movimento fondato dallo stesso artista De Vilde: l’Archeorealismo, che fonde e coniuga in sé reperti antichi con installazioni contemporanee. Il colore Rosso De Vilde è un particolare pigmento di pantone rosso che è emerso da studi matematici sui rilievi di affreschi delle Domus pompeiane e affreschi parietali dell’eterna città di Pompei. Il vecchio rosso di Pompei oggi sappiamo che è il codice colore ED1012 una particolare tipologia di rosso che l’artista ha intitolato appunto “rosso De Vilde”. Il Nuovo Colore Rosso pompeiano è stato brevettato e depositato, presentato in un seminario sull’archeologia del rosso al Museo Archeologico Nazionale di Napoli il 18 febbraio 2016. Nell’ambito del convegno l’artista ha esposto il modello di rilevazione del colore dai vari rossi pompeiani degli affreschi che fanno da sfondo alle pareti della città eterna di Pompei e ha intrattenuto il pubblico con una sua performance meditativa zen sul colore rosso…e le sue suggestioni. Quello del rosso De Vilde non è solo un’operazione artistica ma anche culturale, ricca di importanti sfaccettature sulla fondamentale notazione di investigazione di memorie antiche per impossessarci a pieno titolo del futuro, perché non potremmo mai raggiungere un futuro pienamente coscienti ed integrati se non accettando che siamo figli di un passato storico profondo. Il Rosso De Vilde è la memoria delle cose, di un popolo, di un simbolo di civiltà e come tale potrà essere usato, in modo collettivo, per passare da una generazione all’altra.
Nell’ambito della mostra Scriptura tenutasi a Napoli al Castel dell’Ovo dall’11 al 28 febbraio 2016 l’artista Evan De Vilde ha invitato gli amanti dell’archeorealismo in questa kermesse sul colore RDV Rosso De Vilde con suggestioni e immagini senza tempo. In produzione e con diverse edizioni l’artista sta realizzando diverse stampe del suo proprio rosso pompeiano devildiano per fornire ai collezionisti un ricordo cromatico di un’opera d’arte, di un pigmento archeologico e una traccia di una operazione artistica di grande e profonda innovazione.

Antonio Geirola
Esperto d’Arte

Rosso De Vilde

rosso De Vilde, rosso pompeiano, rosso di PompeiIl 18 febbraio 2016 al Museo Archeologico di Napoli Evan De Vilde, già noto agli appassionati d’arte come creatore della nuova corrente artistica denominata “ARCHEOREALISMO”, ed attualmente presente nella mostra “Scriptura” al Castel dell’Ovo fino al 28 febbraio, ha tenuto una performance avente per oggetto una ricerca artistica sul colore, la quale rimarrà a lungo nella mente e nell’animo di quanti vi hanno partecipato. Con un’ardita operazione intellettuale, il maestro ha inserito una particolare sfumatura di ROSSO pompeiano individuata e codificata con il codice ED1012, nel contesto di tale corrente artistica. La storia del colore si arricchisce così di una nuova sfumatura: il Rosso De Vilde, dallo stesso poi brevettato.  Dopo aver illustrato tramite proiezioni di significativo valore didattico con metodi scientifico-matematici la natura di questo colore, ponendone in rilievo anche gli aspetti curativi, il De Vilde ha dato vita ad un emozionante momento meditativo di ispirazione ZEN, coinvolgendo tutti gli astanti in attimi di profonda riflessione introspettiva; la performance si è conclusa con un caldo e sincero applauso.  Curatrice e moderatrice dell’evento è stata Daniela Ricci, nota e competente critica d’arte, mentre in sala era presente Antonio Geirola, autore del futuro testo “ROSSO DE VILDE”, la cui pubblicazione è prevista a breve.

L’astrattismo

L’Astrattismo è quel movimento artistico nato in Europa verso il 1910 che abbandona totalmente la rappresentazione reale delle cose, concentrandosi sulla semplificazione e stilizzazione delle forme.

Eliminato il soggetto e la sua rappresentazione, l’arte astratta intende esprimere la psicologia e l’emotività dell’essere umano, donando al colore, non più subordinato alla forma o al disegno, nuova veste e piena dignità.

Così come l’artista, anche l’osservatore, dinanzi alle opere astratte, conduce un’interpretazione libera, secondo il proprio giudizio soggettivo.

All’interno dell’Astrattismo di distinguono due diverse correnti: l’Astrattismo lirico e l’Astrattismo geometrico.

L’Astrattismo lirico è caratterizzato da una funzione espressiva e simbolica del colore.

Ampio spazio viene lasciato all’universo interiore ed alla fantasia personale dell’artista, che si evidenzia anche dalle tonalità e dai segni stesi sulla tela.

Tra gli esponenti di questa corrente è sicuramente da citare Vassily Kandinskij, nelle cui opere prevale un’esigenza “lirica”, che facendo leva sul potere evocativo ed emotivo del colore, dà vita ad assonanze e dissonanze che traggono ispirazione dal mondo musicale.

Per sua dote naturale, Kandinskij ha infatti una particolare predisposizione per la musica, e una straordinaria capacità di distinguere i timbri degli strumenti e le loro differenti relazioni con la psicologia dell’ascoltatore, così che ne deriva come logica conseguenza il suo interesse per lo studio dei rapporti tra suono e colore.

L’Astrattismo geometrico è segnato invece dalla presenza di forme realizzate geometricamente, e da un rigore e controllo razionale dell’espressione.

Il pittore più rappresentativo di questa corrente è Piet Mondrian, il quale nei suoi lavori porta alle estreme conseguenze il processo di riduzione e di decomposizione delle immagini cubiste, ponendo in essere un’arte i cui elementi strutturali sono limitati alle linee orizzontali e verticali, ai colori primari giallo, rosso e blu, al bianco della tela e al nero della griglia di linee.

Un ulteriore sguardo sull’arte contemporanea

Con il termine “contemporaneo” ci si riferisce generalmente all’arte creata nel presente, all’arte quindi strettamente connessa alla vita di tutti i giorni, di cui noi stessi siamo testimoni spesso inconsapevoli.

Arte in movimento, in evoluzione, e per ciò stesso non facilmente catalogabile e storicizzabile, essendo in pieno e continuo svolgimento.

La difficoltà di definire criticamente l’Arte Contemporanea va considerata indubbiamente anche alla luce della mancanza di una scuola artistica prevalente riconosciuta da storici dell’arte, critici ed artisti.

Possiamo tuttavia indicare gli anni ’60 del secolo scorso come il punto di transizione dall’Arte Moderna a quella Contemporanea. A partire da quel periodo molte sono le correnti artistiche che si sono sviluppate, determinando lo sviluppo dell’arte stessa negli anni successivi: l’Arte Concettuale,la BodyArt, l’Optical Art, l’Arte Povera,la PopArt, per fare qualche esempio.

L’arte Contemporanea vede la nascita di opere prodotte mediante l’utilizzo di tecniche e linguaggi interdipendenti : pittura, fotografia, scultura, videoarte, performance, installazioni,  per citarne alcuni.

Tralasciando la pittura e la scultura, forme d’arte storicamente consolidate, e la fotografia, anch’essa oramai accettata pienamente, concentriamo la nostra attenzione sulla videoarte, la performance e l’installazione, di più recente “acquisizione”.

La videoarte, la cui origine è datata negli anni ’60, è un linguaggio artistico fondato sulla creazione e riproduzione di immagini in movimento attraverso l’utilizzo di video.

Complice un crescente sviluppo tecnologico, la tradizionale tecnica artistica viene rifiutata a favore della sperimentazione di nuovi mezzi, mettendo così in discussione il concetto stesso di opera d’arte, e travalicando gli usuali schemi espressivi.

La performance, invece, nata negli anni ’70, è una forma artistica nella quale l’opera è costituita dall’azione di un individuo o di un gruppo, in un luogo particolare e in un momento particolare.

In altre parole essa può essere data da una qualsiasi situazione in cui sono coinvolti quattro elementi base: tempo, spazio, il corpo dell’artista e la relazione che viene a stabilirsi tra artista e pubblico. Ciò in netta contrapposizione alla pittura ed alla scultura, ove l’opera è rappresentata da un oggetto.

L’installazione è un genere di arte visiva sviluppatasi anch’essa a partire dagli anni ’70.

Trattasi di un’opera d’arte, anche tridimensionale, che comprende media, oggetti e forme espressive di qualsivoglia tipo “installati”in un determinato ambiente.

Soggetto principale della precitata tecnica artistica è il fruitore: scopo dell’installazione, difatti, è quello di sollecitare la percezione dello spettatore, “coinvolgendolo”nell’opera d’arte stessa sino a farlo divenire parte integrante del lavoro.

Il Graffitismo

Tra le più recenti correnti artistiche, presenti nel panorama dell’arte contemporanea, un’analisi attenta merita il Graffitismo.

Nato negli Stati Uniti nei primi anni ’70, raggiunge la piena maturità stilistica a metà degli anni ’80.

Sorto come corrente innovativa, rappresenta una rottura con l’arte tradizionale, sebbene poi acquisti in seguito tutte le caratteristiche di ogni altro movimento artistico, perdendo il suo originario significato “metropolitano”.

L’aspetto innovativo del Graffitismo sta nel supporto con il quale vengono create le opere, che non è dato da tele o da tavole, bensì da vagoni ferroviari e pareti del tessuto urbano, utilizzati come veicolo espressivo della propria creatività.

Importante è anche il target, rappresentato dal pubblico “di massa”, senza alcuna ricerca dell’appoggio di critici o galleristi.

Questa nuova espressività, fatta di immagini sintetiche, di colori accesi e contrastanti, e di un crudo linguaggio fumettistico, fa sì che l’uomo “riadatti”la propria percezione verso una nuova forma estetica, producendo quindi una diversa lettura della realtà, una visione critica della stessa.

Ed è questa immediatezza e questa spontaneità la ratio del Graffitismo: esso infatti nasce come un’impellente esigenza di ribellione ai fenomeni artistici legati alle industrie ed alle opere in serie, che si erano consolidati sul finire degli anni ’60.

Comincia inizialmente come arte di strada di esclusivo appannaggio dei giovani newyorkesi di colore, che fanno comparire sui muri della città scritte ed immagini realizzate con bombolette spray.

Lo spazio urbano, fatto di tunnel, stazioni e metropolitane, diventa il luogo per denunciare il disagio sociale diffuso soprattutto nei quartieri periferici, disagio patito dalle classi deboli a causa di un divario economico e culturale sempre più evidente.

Come interpreti importanti del Graffitismo vanno citati Keith Haring e Jean-Michel Basquiat,

che cercano nel tessuto cittadino le superfici adatte alle loro creazioni artistiche, utilizzando un linguaggio espressivo che diviene vero e proprio mezzo comunicativo.

Haring adotta una comunicazione che vuole esprimere tutti i disagi dell’essere contemporaneo: gli omini in frenetico movimento, i robot, i cani che abbaiano contro il video del televisore, sono il suo modo di denuncia verso il dominio tecnologico che omologa ed opprime, rappresentano una metafora della società nella quale l’uomo è la vittima di un esasperato consumismo.

Basquait, invece, realizza opere spontanee e dalla forte carica segnico-gestuale, in cui  compaiono figure primitive, frasi sparse e formule scientifiche, su fondi accesi e policromi.

Ciò è espressione della New York sotterranea, della caotica vita di strada, una realtà ben nota all’artista.

La Transavanguardia

Tra le tendenze artistiche più recenti, presenti nel panorama dell’arte contemporanea, si distinguela Transavanguardia.

Nato nei primissimi anni ’80, è un movimento artistico italiano che propugna il recupero della figurazione e della tradizione pittorica, arricchito da atteggiamenti ispirati all’ironia ed al citazionismo.

Vede i suoi tratti distintivi nel ritorno alla manualità, e nella totale assenza da qualsivoglia norma, ideologia o potere da parte dell’artista, che è libero di adottare, di volta in volta e di opera in opera, stili diversi, all’insegna dell’eclettismo.

Il temine “Transavanguardia”, volutamente ambiguo ed anomalo, è coniato dal critico Achille Bonito Oliva, ed ha come protagonisti un quintetto di artisti: Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Nicola De Maria e Mimmo Paladino.

Soffermiamo la nostra attenzione sul promotore del movimento artistico in esame.

E’ difficile, se non impossibile, racchiudere e sintetizzare in poche righe l’intensa vita ed attività di Achille Bonito Oliva, personalità di indubbio spicco e rilievo nel panorama artistico.

Nato a Caggiano, Salerno, nel 1939, dopo aver inizialmente aderito al noto Gruppo 63, con la pubblicazione di due raccolte di poesie legate a quell’esperienza intellettuale, si dedica poi con costanza e continuità alla critica d’arte, rivoluzionando il concetto stesso di critico, che viene così ampliato ed innovato.

Egli ritiene infatti che il critico non debba meramente sostenere una sola poetica o mediare tra l’artista ed il pubblico, come in precedenza, ma al contrario debba essere una fucina di idee affiancandosi all’artista con funzione creativa, senza giungere all’identificazione in un unico movimento artistico.

Curatore di numerose mostre, tra cui citiamo “Aperto ‘80”, del 1980, e “Transavanguardia italiana e americana”, del 1982, che decretarono l’affermazione dell’omonimo movimento artistico, Achille Bonito Oliva è anche prolifico autore di saggi teorici sull’arte. Ricordiamo “L’ideologia del traditore. Arte, maniera, manierismo”, del 1976; “La transavanguardia italiana”, del 1980, “Il sogno dell’arte. Tra avanguardia e transavanguardia”, del 1981; “Il tallone d’Achille. Sull’arte contemporanea”, del 1988; “Oggetti di turno: dall’arte alla critica”, del 1997.

E’ stato inoltre insignito di numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il premio della critica “Flash Art International” (1982), il premio del giornalismo internazionale “Certosa di Padula” (1985), il premio internazionale per la critica d’arte “Valentino d’Oro”(1991), il premio “Europa Festival”di Locarno (1995), il premio “Festival di Giffoni Vallepiana” (1996), ed il premio “Fregene perla Saggisticae Critica d’Arte” (2000).

Dal 1968 vive a Roma, dove insegna Storia dell’arte contemporanea alla Facoltà di Architettura dell’Università “La Sapienza”.

Enzo Cucchi – La Transavanguardia Italiana Museo Marca – Catanzaro

Enzo Cucchi – La Transavanguardia Italiana Museo Marca - CatanzaroProsegue sino al 1° Aprile la personale di Enzo Cucchi, noto esponente della Transavanguardia, ospitata al Museo Marca di Catanzaro.

La mostra, inaugurata il 17 Dicembre scorso, è curata da Achille Bonito Oliva e da Alberto Fiz, ed è promossa dalla Provincia di Catanzaro – Assessorato alla Cultura, con il Patrocinio della Regione Calabria, del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Regione Calabria, e della Fondazione Rotella.

Personalità di spicco nel panorama artistico internazionale, Enzo Cucchi nasce a Morro d’Alba, in provincia di Ancona, nel 1949, riscuotendo notevole successo già dagli anni Ottanta.

La pittura, per l’artista, è data dal connubio di forme, concetti e colori, che si sposano perfettamente superando le coordinate spazio temporali.

Le intime emozioni prendono corpo nell’uso di una cromaticità addensata, poi accennata, e si configurano in una sperimentazione a 360 gradi delle tecniche artistiche, spaziando dalla pittura alla ceramica, dal mosaico al bronzo.

Per il Marca Cucchi realizza un progetto inedito comprendente più di 50 opere recenti, tra dipinti, sculture e ceramiche, in un percorso di assoluta fusione tra i generi.

L’esposizione, infatti, non segue una linea cronologica o tematica, ma si sviluppa nelle sale del Museo su una base puramente emozionale.

Superando qualsivoglia forma di schematismo, l’artista aggrega forme e materiali eterogenei, meravigliando senza dubbio alcuno il visitatore di turno.

Citiamo, tra i lavori presenti, “Morsa”, una composizione di quattro metri sormontata da una rete metallica dipinta “sviluppantesi” assieme alla pittura, che si distanzia da ogni forma di rappresentazione tradizionale.

E poi “Robin Wood”, un’opera di oltre tre metri – un bosco minimale –  in cui, tra le fronde degli alberi, appare l’immagine di Van Gogh.

Un’esposizione particolarissima, dove il processo creativo si sviluppa quindi nella sua interezza. Da non perdere.

Cuprum

Alla Galleria Dino Morra Arte Contemporanea sarà visitabile, sino al 12 Aprile, la personale di Daniela Di Maro, a cura di Chiara Pirozzi, intitolata “Cuprum”.

Sita in Via Carlo Poerio 18, a Napoli, la location ospitante l’esposizione si prefigge l’obiettivo di valorizzare la ricerca e la sperimentazione di giovani artisti, dando loro l’opportunità di esprimere liberamente sè stessi senza alcuna limitazione stilistica, di linguaggio e di tecnica.

In tale prospettiva si inserisce la personale della giovane artista napoletana, da sempre impegnata nei settori artistici delle installazioni interattive e della videoarte.

Classe 1977, Daniela Di Maro ha al suo attivo numerose collettive  e personali, ed è vincitrice del concorso “Un’opera per il Castello 2011”, con il progetto dal titolo “Anastatica Sensibile”.

La premessa da cui parte in “Cuprum” è l’eterno dissidio tra natura e cultura, un dissidio caratterizzato dalla ricerca costante di un punto di incontro e di dialogo.

Al centro della mostra un’installazione interattiva, che dà il titolo alla stessa, frutto delle ricerche effettuate dall’artista sui rapporti intercorrenti tra i processi vitali, propri della natura, ed il progresso tecnologico.

Il rame, il cui nome scientifico è proprio “cuprum”, risponde perfettamente a tale ricerca:

è un ottimo conduttore di elettricità e termico, e all’interno di questo specifico progetto diviene lo strumento attraverso cui dare luogo “a un circuito elettronico alimentato dalla luce e modulato dalla presenza del pubblico”, secondo le parole della curatrice della mostra.

L’esposizione prosegue con la presentazione del video “Aracnometrica”, focalizzato sul duplice valore della tela, da intendersi al contempo come elemento tecnologico, perché frutto della tecnica attuata dal ragno, e come elemento naturale, perché necessario alla sopravvivenza stessa dell’animale.

Completa il percorso di visita la serie “Filo conduttore”, che rappresenta un continuum concettuale tra “Cuprum” ed il video, a significare l’intreccio e l’integrazione di differenti linguaggi espressivi.

Carte

CarteFino al 3 Aprile sarà visitabile “Carte”, la collettiva di opere di artisti, italiani e stranieri,

che hanno utilizzato la carta rendendola strumento di riflessione e forma artistica sorprendente.

La struttura presso cui è allestita la collettiva è Intragallery, in collaborazione con Galleria Studio Legale.

Sita in Via Vittorio Imbriani 48, Napoli, è una location dall’indubbio fascino, trovandosi nei sotterranei di Palazzo Bivona, edificio d’epoca con due ingressi, uno su Via Imbriani e l’altro su Via Carlo Poerio.

Concepita essenzialmente quale mezzo comunicativo, la carta assurge in questa esposizione a linguaggio espressivo efficacissimo, rivelando un’anima a molti sconosciuta.

Ad onta della sua apparente fragilità, si presta ad essere usata per realizzare infinite forme, che prendono vita divenendo spunto di osservazione e di apprezzamento.

Si resta letteralmente incantati dall’apprendere quanta versatilità è nascosta in questo materiale, e quanta creatività nasce dalle mani degli artisti che hanno preso parte all’iniziativa.

Gianluca Bagnasco, Alika Cooper, Enzo Distinto, Pino Falcone, Lello Lopez, Dacia Manto,  Saverio Mercati, David Paolinetti, Francesca Pizzo, Giuseppe Restano, Pietro Maietta, Mark A. Rodriguez, Fabio Saiu, Vidvuds Zviedris, hanno realizzato le proprie creazioni utilizzando molteplici tecniche, come incisione, scultura, acquavite, gouache.

Le opere presenti in questa esposizione sono pertanto molto variegate, sia per stile e provenienza, sia per i materiali adoperati, ma sono tutte caratterizzate da unicità ed originalità.

Ancora una volta l’arte presenta le sue mille sfaccettature, i suoi tanti volti, dimostrando pertanto la sua apertura ai diversi linguaggi espressivi.

L’arte è questo: un perfetto connubio di forme, idee, emozioni, tecnica, che prendono lentamente piede nella mente e poi nella mano dell’uomo, e siamo anche noi visitatori, intenditori e non, che contribuiamo con la nostra “curiosità positiva” e la nostra presenza ad incoraggiare la creatività giovanile ed i tanti modi per esprimerla.